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Note di management n° 6
Il Diversity Management
Parliamo di Diversity Management, una metodologia di management finalizzata
alla valorizzazione delle differenze.
Il contesto ambientale è in rapida evoluzione: cambiamenti demografici nella
forza lavoro, diversificazione crescente dei clienti e dei mercati
(globalizzazione, one-to-one marketing, ecc.), nuove modalità di lavoro
(time to market, gestione per processi, Customer Relationship Management,
outsourcing, ecc.).
Per le imprese diviene sempre più strategica una
corretta valorizzazione delle diversità culturali presenti al loro interno.
Nato all’inizio degli anni ’90 in U.S.A., crogiolo razziale per antonomasia,
possiamo definire il Diversity Management un processo aziendale di
cambiamento che ha lo scopo di valorizzare ed utilizzare pienamente il
contributo, unico, che ciascun dipendente può portare al raggiungimento
degli obiettivi aziendali in un contesto denso di sfide e di incertezze.
Si distinguono due macro-categorie di differenze:
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Le diversità primarie: patrimonio innato dell’individuo, come l’età, il
genere, l’origine etnica, le competenze/caratteristiche mentali, ecc.
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Le diversità secondarie: elementi acquisiti nel tempo, come il background
educativo, la localizzazione geografica, il reddito, la religione,
l’esperienza professionale, ecc.
Le diversità secondarie sono una fonte estremamente ampia di spunti e di
fattori motivanti: si tratta di “fare leva” sulle reciproche diversità,
soprattutto culturali, per aumentare le possibilità di successo dell’intera
organizzazione.
Questa metodologia, sviluppata da Geert Hofstede, uno dei pionieri della
Cross Cultural Analysis, prevede di mappare la cultura aziendale partendo
dagli elementi di diversità.
Egli ha individuato quattro fattori principali:
per i quali ogni cultura riporta caratteristiche specifiche consentendone
un’interpretazione ed una gestione orientata alla massimizzazione delle
sinergie e delle diversità.
Cominciano ad essere pubblicati casi aziendali (BBC, British Telecom, ecc.)
che confermano concreti benefici sia in termini di “committment” che di
risultati.
Roma, Maggio 2002
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